CAMBIAN LOS TRABAJOS , CAMBIAN TAMBIEN EL TIPO DE CONSUMO


Cambia il lavoro, cambia il consumo
Nel 2010 gli italiani spendono di meno e sviluppano comportamenti d’acquisto diversi, dovuti in gran parte alla maggiore disponibilità di tempo “libero
Articulo interesante de Daniela Ostidich, que analiza el 2010 en la vida media italiana, gastan menos ,cambian los habitos de consumo , se percibe un aire de incertidumbre por el futuro,de consecuencia  las grandes marcan sufren este periodo.Buena Lectura!
Martes 17 de mayo 2011
Tracciamo prima di tutto una cruda sintesi della situazione in Italia. A gennaio 2011 gli occupati registrati dall’Istat sono stati 22.831.000 di unità, in diminuzione dello 0,4% (-83 mila unità) rispetto a dicembre 2010. Il tasso di occupazione è pari quindi al 56,7% (abbassandosi di 0,2 punti rispetto a dicembre 2010 e di 0,4 punti su gennaio 2010). La disoccupazione giovanile (quella tra i 15 e i 24 anni) ha raggiunto a gennaio il 29,4%, il dato più alto dall’inizio delle serie storiche (2004).

Accanto a questi dati di disoccupazione “secca”, occorre considerare anche il crescente ricorso ad assunzioni a tempo determinato o part time, che sono una grande opportunità quando l’“economia” tira, ma una flessibilità a senso unico (a favore delle aziende) quando invece i tempi volgono al peggio. In questa situazione storica, molteplici recenti indagini di mercato evidenziano come la paura maggiore tra coloro che prestano opera è relativa alla perdita della propria condizione lavorativa attuale, sul proprio potere d’acquisto domani, sul proprio status sociale. Le ricadute sui consumi di questa sensazione d’insicurezza sono molteplici.Tra quelle immediate e tattiche, sicuramente c’è una revisione delle uscite finanziarie attuali: si spende meno, si posticipano le uscite non impellenti in attesa di capire qualcosa del futuro, si compra con maggiore accortezza pianificando di più e cedendo meno all’impulso, si riducono comunque le spese voluttuarie, si acquistano meno prodotti delle grandi marche e più spesso prodotti a marchi d’insegna; ci si fa più accorti nel valutare la qualità dei prodotti e nel leggere le etichette prima dell’acquisto.

Vederne le conseguenze sui consumi è quindi facile… E i dati che da più fonti sono proposti lo confermano: secondo il rapporto sui Consumi 2010 di Confcommercio, l’Italia ha fatto un balzo indietro attestandosi sui livelli di spesa di dieci anni fa, intaccando persino una quota dei risparmi accumulati. Il solo consumo medio annuo per abitante per i beni alimentari è diminuito di ben il 3,9% nel biennio 2008-2009. Queste diminuzioni a valore sono anche figlie della sempre crescente pressione promozionale.

Si stima che nel 2010 le promozioni abbiano riguardato ben il 26,5% delle vendite totali del largo consumo confezionato e che lo sconto medio sia stato del 28,5% (dati Synphony IRI). Un circolo diabolico di diminuzione dei consumi, tentativo di incrementarli a forza di push promozionali e di conseguente abitudine alle promozioni, che quindi non funzionano più. Tra le più evidenti evoluzioni dei comportamenti di consumo vi è il maggior peso dei prodotti acquistato in promozione da un lato, ma anche – e questo è il secondo trend – la minore reattività dello shopping rispetto agli sconti. Si compra in promozione cioè, ma ciò di cui era già stato pianificato l’acquisto; gli acquisti d’impulso sono sostanzialmente indifferenti e quindi il livello totale della spesa non aumenta (diminuisce invece il livello a valore).

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